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Mattarella sugli "attenti" davanti a Napolitano, un'immagine molto eloquente sulla personalità dell'attuale presidente

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Sergio Mattarella con il suo predecessore Napolitano

"Sergio Mattarella è una brava persona", questa la caratteristica più volte sottolineata dal partito democratico quando lo ha prima proposto alla carica di Capo dello Stato, nel 2015, e poi eletto al quarto scrutinio. Ma una brava persona come Sergio Mattarella, fin troppo brava oserei dire, era davvero la persona adatta a svolgere un compito così delicato in un clima così rovente per la politica italiana? L'impressione di molti è che serviva una persona manovrabile e accondiscendente a coloro che detengono il telecomando in mano: Giorgio Napolitano e Matteo Renzi, di cui sentiremo parlare a lungo ancora nonostante le sue dimissioni da Premier.
Sergio Mattarella è sempre stato pio, schivo, incapace di sorridere. Sul Colle lo hanno voluto i democristiani del Pd. In prima linea, Rosy Bindi che con lui, negli anni di Tangentopoli, liquidò in un amen la Democrazia Cristiana, forzando la mano all'altro pio segretario, Mino Martinazzoli. Sergio Mattarella, chiamato Sergiuzzo nella sua infanzia palermitana, per la sua bontà, è stato per moltissimo tempo nella scena politica di questo Paese, dal lontano 1983 fino al 2008, anno in cui decise di lasciare il Parlamento, in assoluto silenzio, allo stesso modo in cui è passata la sua permanenza politica nei palazzi.
Chiamato a ricoprire la prima carica istituzionale di questo Paese, dal 2015 abbiamo sentito il suo nome solo in occasione di inaugurazioni di fiere, mostre e sagre in ogni angolo d'Italia, oltre alle sue visite tra Chiese e monumenti restaurati e la consegna di riconoscimenti e medaglie varie.
C'era davvero bisogno di una persona così brava e buona, per non dire insignificante, in mezzo al covo di serpenti in cui si trova ad operare?
Ricordo ancora, a marzo di quest'anno, l'interpellanza rivolta al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dei senatori Carlo Giovanardi, Gaetano Quagliariello e Mario Mauro a proposito dell'ampio rilievo che i media avevano dato ad una cerimonia avvenuta a Palazzo Chigi nella quale Renzi aveva firmato davanti ai familiari delle vittime degli incidenti stradali il disegno di legge sull'omicidio stradale, sul quale il Governo aveva posto la fiducia al Senato, lasciando intendere che dopo quella cerimonia il testo fosse già diventato legge dello Stato. Nell'interpellanza i senatori ricordavano che l'art.73 della Costituzione prevede che le leggi siano promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione e che la promulgazione consiste nella firma della legge da parte del Presidente della Repubblica, che potrebbe anche, sulla base di quanto disposto dall'art. 74, chiedere una nuova deliberazione sulla stessa alle Camere. Insomma un gesto, sotto gli occhi di tutti, offensivo delle prerogative del Capo dello Stato, eppure passato nell'assoluta indifferenza dell'interessato.
L'impressione di molti è che dietro la figura dell'attuale Presidente della Repubblica ci sia ancora l'ombra del suo predecessore, Giorgio Napolitano, scarso garante della Costituzione, un playmaker garante solo delle politiche di austerità e contario a ogni ipotesi di cambiamento sostanziale proposto da movimenti politici emergenti.
Auguri Presidente!


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