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L’approvazione di una legge in Toscana scatena un dibattito sul fine vita

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La recente approvazione della legge sul suicidio assistito in Toscana rappresenta un passo significativo nel dibattito italiano sul fine vita. Con 27 voti favorevoli e 13 contrari, il Consiglio regionale toscano ha introdotto una normativa che disciplina in dettaglio le procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, rendendo la Toscana la prima regione italiana a dotarsi di una legge specifica in materia.

La legge toscana si basa sulle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019, che ha stabilito la non punibilità di chi agevola il suicidio di una persona affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, a condizione che la decisione sia libera e consapevole.

Uno degli aspetti più rilevanti della legge è la definizione di una procedura chiara e con tempi certi per l’accesso al suicidio assistito. Il paziente deve presentare una richiesta all’azienda sanitaria locale, che attiverà una commissione multidisciplinare composta da sei specialisti: un palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere e uno psicologo.

Questa commissione ha 20 giorni per verificare la sussistenza dei requisiti necessari, con la possibilità di una sola sospensione di cinque giorni per eventuali accertamenti aggiuntivi. Successivamente, un comitato etico dispone di sette giorni per esprimere il proprio parere. Se l’esito è positivo, entro dieci giorni vengono definite le modalità di autosomministrazione del farmaco, che deve avvenire entro una settimana. È importante sottolineare che la partecipazione del personale sanitario a tutte le fasi dell’iter è su base volontaria, lasciando spazio all’obiezione di coscienza.

Tuttavia, la legge toscana non è esente da critiche. Alcuni esperti ritengono che la Regione abbia oltrepassato le proprie competenze, affrontando temi che dovrebbero essere di pertinenza del Parlamento nazionale. In particolare, si sottolinea che la Corte Costituzionale, nella sentenza del 2019, non ha indicato specificamente che l’assistenza al suicidio debba essere considerata una prestazione sanitaria all’interno degli ospedali. Di conseguenza, l’introduzione di una normativa regionale potrebbe stravolgere la missione del servizio sanitario, tradizionalmente orientato alla cura piuttosto che all’assistenza al suicidio.

Inoltre, la legge toscana potrebbe essere soggetta a impugnazione da parte del governo centrale, poiché la sanità è una materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Un precedente in tal senso è rappresentato dalla delibera dell’Emilia-Romagna sul suicidio assistito, che è stata impugnata dal governo.

Nonostante queste criticità, la legge toscana rappresenta un tentativo concreto di colmare un vuoto normativo a livello nazionale, offrendo ai pazienti che ne hanno diritto una procedura chiara e tempi certi per l’accesso al suicidio assistito. Resta ora da vedere come si evolverà il dibattito a livello nazionale e se altre regioni seguiranno l’esempio della Toscana, contribuendo a una regolamentazione più uniforme e condivisa sul fine vita in Italia.



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