
La realtà, per milioni di italiani, è fatta di continue vessazioni. Non da parte di un regime straniero, ma proprio da quello Stato che dovrebbe proteggerli, ascoltarli e rappresentarli. Lo Stato moderno sembra invece aver assunto sempre più i tratti di una burocrazia cieca e predatoria, dove il cittadino è visto come un soggetto da spremere, controllare, sanzionare. Un suddito, non un sovrano.
Cartelle esattoriali e multe prescritte
Migliaia di italiani ricevono ancora oggi cartelle esattoriali per multe risalenti a dieci o quindici anni fa, spesso già prescritte. Eppure si trovano a dover affrontare procedure, ricorsi, attese estenuanti per vedersi riconoscere un diritto che dovrebbe essere automatico. Come se non bastasse, lo Stato continua ad agire senza ritegno, notificando atti anche quando sa che il credito è ormai inesigibile per legge.
Fermi amministrativi e conti pignorati
Il dramma si complica quando arriva il fermo amministrativo sull’unica auto con cui un cittadino va a lavorare. Senza preavviso, senza considerare se quel mezzo è indispensabile alla sopravvivenza economica di una famiglia. O peggio ancora: prelievi diretti dai conti correnti, eseguiti dall’Agenzia delle Entrate Riscossione senza passare dal giudizio di un giudice, senza confronto preventivo, con un automatismo che calpesta il principio del contraddittorio.
Multe Anas e assurdità burocratiche
Ci sono poi le assurdità kafkiane, come le valanghe di multe inviate da ANAS per accessi “abusivi” alle proprie abitazioni, presenti da decenni e mai contestati prima. Famiglie intere, dopo 60 anni, si trovano oggi accusate di violazioni mai commesse, da un ente che ha dimenticato che il buon senso è il primo strumento di legalità.
Servizi inesistenti e Pubblica Amministrazione paralizzata
E mentre i cittadini pagano, versano imposte e tributi tra i più alti d’Europa, si ritrovano davanti a una Pubblica Amministrazione lenta, inefficiente, ostile. Dalle domande per il cambio di residenza ai certificati più banali, tutto diventa un labirinto di carte, file, portali che non funzionano. Chi ha bisogno di assistenza è lasciato solo, spesso vittima di errori burocratici che nessuno si assume la responsabilità di correggere.
Stipendi da fame e pensioni da sopravvivenza
A tutto questo si aggiunge un’ulteriore beffa: la maggior parte degli italiani che si vedono recapitare cartelle esattoriali sono quelli che non arrivano a fine mese, costretti a barcamenarsi con stipendi e pensioni da fame. Mentre lo Stato elargisce redditi minimi come se fossero un atto di carità, pretende dagli stessi cittadini il pagamento integrale di tributi e sanzioni, ignorando completamente il loro reale stato economico. È il paradosso di un sistema che punisce chi ha meno, esonerando spesso chi ha le risorse per difendersi.
Il populismo nasce qui
In questo scenario, non ci si può stupire se milioni di italiani smettono di credere nella politica tradizionale, se decidono di non votare o di affidarsi a forze che promettono di “spazzare via tutto”. Il populismo, quello vero, nasce proprio nel vuoto creato da uno Stato che punisce i deboli e premia solo chi ha le spalle coperte.
È il momento che la politica, tutta, si guardi allo specchio e abbandoni la presunzione di sapere tutto dalle analisi dei sondaggi. La risposta è nel disagio quotidiano dei cittadini, nella loro rabbia silenziosa, nella loro crescente rassegnazione. È lì che bisogna guardare, se si vuole ricostruire un rapporto di fiducia tra lo Stato e chi lo abita. Prima che sia troppo tardi.

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